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La CGIL dimentica di essere un Sindacato e pensa ai pro-life nei consultori: Testolin tirato per il bavero

di Redazione

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Il 23 aprile scorso, il Senato ha approvato il decreto PNRR, all’interno del quale è presente un emendamento alla L. 194/78 che riconferma l’accesso delle associazioni pro-life nei consultori, ad oggi in legge e spesso non applicato.

Sostanzialmente il testo prevede che i consultori e le strutture regionali possano avvalersi del coinvolgimento di soggetti del terzo settore con qualificata esperienza nel sostegno alla maternità. Un ausilio ulteriore per ampliare le possibilità di scelta a disposizione delle donne, ma allo stesso tempo un boccone indigesto per la sinistra progressista che grida alla libertà.

All’attacco anche il Sindacato CGIL, fino ad oggi silente, che si accoda – come di consueto – alla narrazione della sinistra massimalista: “si tratta di un attacco alla libertà e ai diritti delle donne e alla legge 194, contro il quale è necessario opporsi con ogni mezzo democratico”.

Per il Sindacato la presenza dei volontari nei consultori, che possano ampliare la possibilità di scelta per le donne, rimane un grave attacco contro la libertà individuale e una indebita pressione psicologica. E quindi la CGIL annuncia di aver scritto al Presidente, affinché Testolin si mobiliti a favore di una legge regionale ad hoc che contrasti la possibilità che le associazioni entrino nei consultori valdostani: “CGIL chiede che la nostra Regione non si avvalga, con legge propria, di tale possibilità nel rispetto dei diritti conquistati dalle donne (…). CGIL stigmatizza l’ intrusività del volontariato come voluta dall’emendamento nazionale, che proporrebbe una visione parziale, ascientifica e  in netto contrasto con i diritti delle donne, come sancito dalla Legge 194“.

Il Sindacato, infine, manifesta la solidarietà alle donne che avrebbero subito presunte pressioni psicologiche nei consultori da parte di “associazioni antiabortiste”. Sul punto l’USL ha annunciato degli approfondimenti interni, in quanto ad oggi non risultano associazioni pro-life attive nei presidi medici.

E chissà quante lavoratirci avranno dovuto abortire, per mancanza di condizioni di lavoro accettabili o compatibili con la maternità. Forse sarebbe questa la vera priorità per un Sindacato.