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Quart passa la spugna e revoca la cittadinanza onoraria a Mussolini, ma a cosa serve cancellare la Storia?

di Redazione

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Tanto tuonò, che piovve. L’Anpi Valle d’Aosta chiede la rimozione della cittadinanza onoraria a Mussolini e l’Amministrazione comunale di Quart esegue. Ma è giusto cancellare la Storia?

Nel Consiglio Comunale odierno, tra gli altri punti all’ordine del giorno decisamente più interessanti, l’assemblea di Quart (Valle d’Aosta) ha deciso di rimuovere la cittadinanza onoraria conferita all’allora Capo del Governo Benito Mussolini. Epilogo ironico della sorte, visto che nel 1924 fu proprio uno dei suoi fedelissimi, il Sottosegretario Acerbo, a chiedere ai Prefetti d’Italia di accelerare lì dove possibile il conferimento delle onorificenze municipali a Mussolini stesso, con l’obiettivo di forzare la mano sul concetto democratico per cui ogni leader ha il suo tempo scandito da elezioni e partiti. Mussolini volle rendersi in qualche modo “indiscutibile”, ma dopo ormai un secolo possiamo affermare, con la serenità che il tempo ci concede, che “indiscutibile” non fu. Eppure…ha il sapore della ‘damnatio memorie’ l’operazione oblio che tanti Comuni d’Italia (non tutti, a onor del vero) stanno facendo nei confronti della propria Storia e delle scelte dei propri predecessori. Cancellare, con una votazione, una cittadinanza onoraria resta pur sempre un gesto simbolico, senza alcun dubbio. Una condanna che sindaci e consigli comunali vogliono rimarcare nei confronti di una Storia che ancora fa sanguinare le ferite di tante famiglie e le coscienze di tanti italiani. Ma è giusto cancellare, con un colpo di spugna, con un’alzata di mano, una Storia che in qualche modo, nel male e nel bene, appartiene al nostro passato? Non sarebbe più corretto ripercorrere quei giorni, per molti versi bui, e giudicarli con il distacco che 100 anni passati ci consentono di avere? 

Questo processo alla memoria che oggi ci sentiamo in diritto di fare, giudicando tout-court i nostri padri, i nostri nonni, senza fermarci a riflettere sulla complessità del Passato, questa convinzione che abbiamo di poter davvero tracciare, sempre e comunque, una linea netta di confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ha permesso nei mesi scorsi che l’euforia di masse agitate da inquietudini giacobine e iconoclaste abbattesse statue e monumenti dedicati a uomini che la Storia, in qualche modo, l’hanno scritta per davvero. Penso alle statue di Churchill e Colombo, abbatute in Gran Bretagna e in Texas, o a quella di Indro Montanelli, danneggiata e scarabbocchiata a Milano. E sotto il mirino degli iconoclasti italiani sono finite anche le statue di D’Annunzio, l’obelisco “Mussolini DVX” a Roma e i monumenti dedicati a Garibaldi. 

E’ giusto cancellare la Storia a colpi di indignazione? No. Ci avviciniamo al 25 aprile, quella Festa che dovrebbe essere momento di pacificazione nazionale, di unione, che e invece ogni anno sembra diventare motivo di nuovi odi e nuovi scontri. Studiamo la Storia, condanniamola se necessario, insegniamola per evitare orrori e disastri, tramandiamola, curiamola. Lavoriamo per pacificare, ma non cancelliamola. Sarebbe inutile, sarebbe ingiusto.

 La Storia è qui, come monito. Così come è ancora qui l’Arco di Augusto, con duemila anni di storia, a ricordarci quelle che furono le conquiste militari dell’Antica Roma. 

O vogliamo buttare giù pure quello?

Francesco De Santis