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Boom demografico e mancanza di strutture: l’assistenza territoriale per i gatti ferali è in tilt

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di Giuseppe Manuel Cipollone

Il mondo degli amanti degli animali (e non solo) è in ebollizione: il sistema di assistenza ai gatti di territorio, volgarmente conosciuti come “randagi”, sebbene in crisi da anni, adesso si è inceppato definitivamente, dopo il blocco della loro accoglienza presso il gattile regionale in loc. Croix Noire ad Aosta.

Sullo sfondo, poi, la sensazione di un boom demografico fra i felini non domestici che non è stato adeguatamente controllato e gestito, oltre che le difficoltà nel loro censimento. Una forte natalità che adesso potrebbe mandare in tilt anche quella rete di associazioni e volontari sul territorio, che gestiscono i punti e le colonie dedicate ai gatti ferali, in assenza di una regia coordinata.

I prodromi dell’attuale situazione risalirebbero addirittura al lontano 2015, quando il cambio di alcune normative ha dato il via ad un ripensamento complessivo della gestione dei gatti. La struttura del gattile, infatti, è passata dall’essere concepita come un centro con funzioni di ricovero per esemplari ferali ad un punto per la loro esclusiva assistenza sanitaria in caso di incidenti stradali, ovvero qualora essi siano investiti da un veicolo. Sulla carta un taglio netto delle competenze in capo al gattile regionale, dovuto – probabilmente – dalla necessità da parte dell’Amministrazione di eseguire anche un taglio sui fondi ad esso destinati.

L’ingresso del gattile regionale

In tal senso, però, molte competenze rispetto al controllo e all’assistenza dei gatti ferali sarebbero dovute passare in capo ai Comuni, ognuno dei quali diventava responsabile sugli esemplari stanziati sul proprio territorio. Ma il passaggio di testimone, in realtà, non è mai avvenuto completamente e in modo uniforme.

La situazione sarebbe anche esplosa prima, se – in questi anni – non si fosse accordata una sorta tacita tolleranza nell’applicazione delle convenzioni triennali fra Regione Autonoma Valle d’Aosta e l’associazione che gestisce il gattile (Avapa), lasciando a quest’ultima ancora margini per accogliere casi come cuccioli di gatto senza mamma o gatti domestici vaganti. Ora però l’orientamento dell’Amministrazione regionale è mutato, direzionandosi verso un’applicazione integrale degli accordi. Accordi che andranno a breve a rinnovo, ma che – appunto – non prevedono l’accoglienza di esemplari ferali ma solo l’assistenza sanitaria per quelli che arrivano feriti a causa di un incidente stradale.

Il risultato finale pare davvero una sconfitta per tutti: l’ente che gestisce il gattile si trova costretto a rimbalzare i gatti selvatici del territorio portati lì per essere ricoverati. I Comuni non sono ancora in grado di far fronte alla situazione, né esistono vere e proprie strutture dedicate al tema o ancora un sistema efficace di coordinamento delle colonie per felini.

Colonie per felini, peraltro, che a loro volta versano in una situazione di difficoltà, spesso per carenza di volontari e risorse, nonché per il già citato (plausibile sebbene non stimabile) boom di gatti ferali che si accoppiano senza controllo. Insomma, gli elementi per una “tempesta perfetta” sono evidenti, ma di soluzioni ancora non se ne vedono all’orizzonte.

A mio avviso è necessario muoversi in direzione di una preparazione effettiva degli organi comunali preposti all’assistenza e gestione della popolazione di gatti sul territorio – dice la Presidentessa di Avapa, Laura Verdura. In questo modo, potrà avvenire quel passaggio di consegne e competenze operative tra il livello regionale e quello comunale che non è ancora avvenuto adeguatamente”.

Una situazione nel complesso che sconta anni di ritardo, a cui, in ogni caso, sarà difficile fare fronte. Un modo per ripartire ad affrontare la questione, secondo la Presidentessa Avapa, sarebbe “rimettere in moto le riunioni fra i referenti delle colonie e dei Comuni, magari attraverso un’azione del Celva, per fare il punto della situazione generale”.

Giuseppe Manuel Cipollone