Quando? Diteci quando è avvenuta la trasfromazione antropologica della sinistra?
Forse è iniziata nel ’68, anno in cui per la prima volta la rivoluzione è stata guidata dagli studenti figli della media e alta borghesia, rispetto alla vecchia e maschia classe operaia immortalata da Elio Petri nelle sue pellicole. Un cambio radicale della classe di riferimento che solo l’acuto Pier Paolo Pasolini ebbe a denunciare fin dal principio, con acume e una certa dose di nostalgia strapaesana.
Forse è iniziata con l’abbandono delle lotte di classe e dell’emancipazione dal lavoro, per approdare all’emancipazione dall’essere umano, con la biopolitica dei generi, dei popoli e un ambientalismo disincarnato e furioso che, se potesse, cancellerebbe gli uomini dall’equazione dell’esistenza sulla Terra.
Ecco è difficile capire come si sia passati dal mito operaio all’elogio dei personal shopper. O forse non è difficile intuirlo visto che la mutazione è in atto già da decenni, ma certo a ben vedere desta sempre una sincera impressione. Fatto sta che da anni nelle piazze del primo maggio si vedono sempre meno lavoratori, divenuti specie protetta come i panda.
Voglio dire se la nuova leader Elly Shlein – borghese dalla punta dei capelli alla punta dei piedi – fa le interviste su Vogue elogiando le “nuove forme di lavoro”, come la personal shopper addetta al rispetto dell’armocromia, come può essere credibile oggi che invoca lo stop del precariato e denuncia il governo di confindustria?
No, mi pare che l’unico diritto che la Shlein possa difendere, incarnando perfettamente ciò che perora, è il diritto all’eleganza della nuova borghesia. Un diritto importante, introdotto nell’ordinamento italiano di recente da un altro illustre: Aboubakar Soumahoro.
Buon 1° maggio, buona festa dell’armocromia, dunque. Perché il lavoro, oggi, è davvero un’altra cosa.
Giuseppe Manuel Cipollone