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Too big to fail? Il dilemma di CVA, “vittima” della sua stessa fortuna

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di Giuseppe Manuel Cipollone

Lo scontro, sotto traccia, era in atto dal lontano 2022. Ma che l’intensità della battaglia avesse superato i livelli di guardia è chiaro almeno dall’autunno dell’anno scorso, in particolare da due audizioni ai vertici di CVA avvenute il 28 novembre e il 5 dicembre 2024.

Due audizioni – che facevano seguito ad una precedentemente secretata – in cui il Presidente di CVA Marco Cantamessa, l’AD Giuseppe Argirò e il Direttore generale Enrico De Girolamo, hanno esposto alla IV Commissione regionale i risultati economici (e non) della propria gestione societaria. O almeno questo era l’intento originale, perché la discussione è rapidamente scivolata su un terreno molto viscoso: una replica da parte degli auditi agli attacchi, a loro dire, deliberati, pubblici e spropositati perpetrati da parte di PCP. E non solo, anche un presunto atteggiamento irricevibile da parte dell’ex n°1 di Finaosta Nicola Rosset.

Uno scenario da “guerriglia civile” che da tempo sta spaccando i partiti, senza badare troppo alla faglia tra maggioranza e minoranza. A cominciare dalla Lega Vallée d’Aoste, in opposizione, fra le forze politiche più lealiste nei confronti dei vertici di CVA. Mentre l’Union Valdôtaine – al Governo – sembra ben più divisa al proprio interno.

E così le audizioni oltre a rappresentare l’occasione per l’azienda energetica di esporre gli ultimi fatturati stellari, con incassi oggettivamente record per le finanze pubbliche, si sono presto trasformate in un’autentica miccia che ha innescato la replica piccata di Rosset. Replica affidata all’ormai nota lettera diretta al Presidente Alberto Bertin e scoppiata la scorsa settimana, come un fulmine a ciel sereno, a mezzo stampa nonché a ridosso del Consiglio regionale.

Tempistiche senz’altro evocative e per le quali, per un soffio, in Consiglio Valle non si è arrivati a rivendicare una Commissione d’inchiesta, con grande imbarazzo per il Presidente Testolin e per alcuni esponenti politici di maggioranza citati tacitamente nella lettera di Rosset come artefici di presunte “pressioni” improprie, di cui magari diremo in qualche altro capitolo. Ma il punto rimane sostanzialmente un altro: su CVA – come nelle più classiche delle querelle valdostane – si è creata una tempesta in un bicchiere d’acqua.

O almeno il bicchiere d’acqua è il teatro in cui si muovono i protagonisti di questa pièce, che promette di lasciare qualche ferito sul campo. A partire necessariamente dalla risoluzione votata durante l’ultimo Consiglio regionale, in cui si esorta la IV Commissione a fare le pulci all’amministrazione di CVA. Una decisione perentoria che – visti i risultati economici della società – per certi versi è senz’altro impietosa: ma le escalation sono così, si sa quando iniziano e non si sa dove conducono.

Vittima innocente di questa intricata vicenda – dove si vanno confondendo i soliti vincoli europei, con visioni strategiche opposte, interessi politici di bassa levatura e regolamenti personali – è proprio CVA, in quanto persona giuridica. La società, infatti, si avvicina a grandi falcate alla deadline del rinnovo delle concessioni senza un orizzonte chiaro sul futuro.

Da un lato vi sono ragioni politiche ampie, come lo scenario aperto da PCP, rimarcato ieri in conferenza stampa. Per il gruppo consiliare di sinistra l’opzione sarebbe un sostanziale ritorno della partecipata ad una struttura di società in house. La tesi, avvalorata da un parere legale redatto da prof. Caruso, resta comunque improbabile e di difficile applicazione viste le dimensioni di scala e la complessità del gruppo CVA. Nonché, appunto, l’attuale necessità per CVA di partecipare ad una gara di concessione regionale in una posizione di terzietà rispetto al committente.

Con tutta probabilità saranno altre le strade che dovranno essere battute, per evitare la caduta del nostro piccolo-grande colosso.

La conferenza stampa convocata da PCP in cui è stato esposto il parere legale del dott. Caruso

Dall’altro lo scontro si è focalizzato su un tema ben più profano, ovvero le presunte pressioni (o per meglio dire le reciproche accuse di pressioni) che a vario titolo sono volate fra Rosset e Argirò, in merito all’emolumento per quest’ultimo. Un tema politicamente secondario e che pure rischia di diventare un casus belli, ben oltre piazza Deffeyes.

Nel mezzo c’è la comunità valdostana, lì in sospeso, che non ha neanche capito bene cosa stia accadendo. E se “testa e cuore” di CVA resteranno in Valle d’Aosta al momento non è dato sapere, forse non è neanche la priorità. Diciamo che l’elemento sostanziale sarebbe avere salde garanzie affinché la sede principale e fiscale restino qui. Ma come ogni gigante, cresciuto in fretta, il rischio vero è che rimanga con dei piedi d’argilla.

In fondo una società da un miliardo di euro, se vola – come sta facendo, ohibò! – riempie le casse per tutti. Ma se dovesse cadere, allo stesso modo, porterebbe a fondo tutti. E questo non è dato trascurabile: più che interrogarsi su come riportare CVA sotto l’egida della “Madia”, sarebbe opportuno ragionare su come schermare e tutelare l’azionista – ovvero i contribuenti – in caso di imprevisti su un bilancio che è divenuto grande quasi quanto quello regionale.

CVA too big to fail, direbbero gli americani. Che di solito è gente pragmatica.

Giuseppe Manuel Cipollone

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