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Lettera al Direttore, l’arte come antidoto alla desertificazione commerciale di Aosta

Buongiorno gentile Direttore,

nella vita sono un artista pittore, falegname e designer e le scrivo questo messaggio perché credo che in questo momento storico sia necessario prendere le proprie responsabilità di libero cittadino.

Da un lato le associazioni di categoria e i giornali locali sbandierano il disastro rappresentato dagli esercizi commerciali chiusi in centro ad Aosta, in stile “deserto dei Tartari”, ma anche in via Saint-Martin-de-Corléans e in Corso Battaglione. Dall’altro ci sono artisti, dilettanti e professionisti, che si arrovellano per trovare spazi di condivisione che vadano oltre i canali espositivi ufficiali – comunali e regionali – strapieni, in alcuni casi già programmati per tutto il 2025.

Sono capitato in una situazione che per me ha del surreale: sto cercando di organizzare un piccolo evento di presentazione delle mie nuove opere pittoriche, entro la fine di quest’anno, prima che siano prese in carico da una Fondazione culturale del San Bernardino – nella Svizzera Ticinese – per muoverle presso i propri circuiti. Certo, prima che partano per l’estero, mi piacerebbe presentarle qui a casa loro. Ma nulla, non è possibile farlo negli spazi istituzionali che sono – in confronto a molte altre città e regioni – pochissimi e già praticamente prenotati ed impegnati per mesi se non anni.

Quindi? Come ne usciamo? Allontanandomi dal mio “problema personale”, come ne escono gli artisti valdostani? Emergenti, professionisti, amatori o della domenica che siano?

Prendersela con le istituzioni sarebbe veramente facile, ma – se pur è innegabile che queste ultime abbiano delle responsabilità – questo non esime dal cercare una soluzione noi, in primis, come cittadini. La soluzione esiste, non dobbiamo nemmeno inventarla, perché in moltre altre città è stata sperimentata e funziona! Ed anzi, per un periodo anche qui ad Aosta è esistita una realtà simile.

Di cosa si tratta? Di fare due più due: quanti negozi chiusi ci sono fuori e dentro il centro storico? E se i proprietari di questi locali volessero aprirsi ad una nuova forma-mentis, dove invece di tenere chiusi i propri spazi li aprissero agli artisti? E se gli artisti – prendendosi carico delle spese di gestione e consumo, senza il peso di un oneroso affitto – articolassero workshop, mostre, eventi culturali in un luogo dopo l’altro sempre in evoluzione e rivoluzione come solo l’arte sa fare? La nostra piccola Aosta non potrebbe diventare una piccola Montmartre? E con un rifiorire di arte, design, cultura e persone in movimento, non si riaccenderebbe l’economia in quelle zone depresse, attirando potenziali attività che riprendano in affitto questi locali?

Ricordo con grande affetto una città francese, dove ho potuto vedere con i miei occhi tutto questo. Si tratta della città di Avignone in Provenza. E fra i tanti negozi trasformati in atelier d’artisti pieni di gente, colori, vita, uno fra tutti mi ha impressionato: un negozio vuoto pieno di tele bianche, pennelli e colori a disposizione dei passanti. Un cartellone all’ingresso invitava ad entrare e “darci dentro”, perché tutti – ma proprio tutti – dovevano godersi il sacrosanto diritto di vivere l’arte a piene mani. Ovvero facendola!

Volere è potere…

Luca Vesan

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