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Con Draghi è emergenza perenne: arriva il taglio del gas russo e lo spettro del lockdown energetico

di Redazione

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La mannaia del gas russo è sempre più vicina a recidere il collo dello struzzo Europa. Gazprom ha annunciato il taglio delle forniture: all’Italia meno 1/3 dei 32 milioni di metri cubi previsti oggi con effetto immediato. Un calo delle forniture ufficialmente giustificato con la necessità di lavori di manutenzione alle condutture, ma che non può non far pensare ad una ritorsione alle sanzioni economiche adottate dall’Europa dopo la crisi ucraina. 

Una mossa russa che era nell’aria e che – secondo le indiscrezioni della stampa nazionale – sta spingendo il governo Draghi a elaborare in fretta e furia un piano di emergenza, il che equivale al contingentamento dell’energia. Il piano B del governo dei migliori sarebbe, in buona sostanza, tagliare luce e riscaldamento ai cittadini e alle imprese, secondo un cronoprogramma allineato all’andamento delle forniture russe: più gas taglieranno i russi e più le restrizioni diventerebbero severe.

Le indiscrezioni stampa parlano, in primo luogo, di una campagna mediatica sulla senbilizzazione al risparmio energetico. Una misura di soft power però che non dona garanzie di efficacia sul fronte del contenimento dei consumi, dunque ecco le prime misure che il governo starebbe vagliando – attivabili per step – per affrontare una eventuale emergenza energetica:

  • taglio di 2 gradi della temperatura del riscaldamento, oltre che possibili paletti orari;
  • tagli all’illuminazione pubblica;
  • riduzione dell’apertura dei pubblici uffici, oltre al limite a 19 gradi negli ambienti;
  • chiusura anticipata degli esercizi commerciali non essenziali, quali bar, ristoranti, discoteche e pub.
  • taglio del rifornimento energetico alle imprese non strategiche e considerate non essenziali nelle filiere vitali all’economia.

Uno spettro di lockdown energetico, dopo anni di lockdown sanitari, che diviene sempre più uno scenario concreto. Una condizione di emergenza perenne a cui gli italiani sembrano doversi abituare, volenti o nolenti.  E ci sarebbe da domandarsi come in una piccola regione alpina, con un clima invernale particolarmente rigido, tutto questo potrà impattare sulla popolazione. O forse si è davvero arrivati al punto (surreale!) di dover sperare che il riscaldamento globale ci faccia il favore di un inverno non troppo freddo, per non lasciarci irrigiditi – in casa – come degli stoccafissi congelati, senza lavoro e con le polmoniti da Covid-19 a mietere contagi. 

Giuseppe Manuel Cipollone