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Aosta Pride, lettera al Direttore di Lorenzo Aiello: “l’emancipazione del corpo è un’altra cosa”

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di Redazione

Gentile Direttore Francesco De Santis,

oggi mi rivolgo a lei in merito alla conferenza stampa di presentazione dell’Aosta Pride 2024, tenutasi lo scorso 3 settembre presso il Salone Ducale del Comune di Aosta. Scrivo alla sua testata – ci tengo a sottolineare – a titolo strettamente personale.

Personalmente non faccio dell’indignazione, né del perbenismo, parte del mio repertorio. Pertanto, non è mio intento gridare allo scandalo per una manifestazione oramai ampiamente sdoganata. Difficile spiegarsi, però, l’atteggiamento di molti fra gli organizzatori e partecipanti, che si comportano e si descrivono come se dovessero riunirsi clandestinamente mentre sono seduti al tavolo con le massime autorità locali.

Se è ancora “concesso”, mi sento di mettere l’accento su due aspetti: il primo è che non si tratta affatto di una manifestazione inclusiva, a testimoniarlo vi è il simbolo della Regione Valle d’Aosta che – per l’occasione – è diventato uno svilente unicorno tatuato sul braccio di uno dei personaggi disegnati della locandina di quest’anno. Non credo di sbagliare se dico che si tratta di un simbolo che incarna, per le persone nate e cresciute qui, l’identità territoriale, la comunità di appartenenza ed il filo diretto che ci lega ai nostri predecessori. Storpiare questo simbolo per le rivendicazioni di una minoranza militante non può essere un segno di conciliazione e di inclusività, ma semplicemente un atto ostile. Ci sarebbe da discutere a lungo, rispetto a questo aspetto, di quanto siano opportuni i patrocini di istituzioni e enti pubblici che sono emanazione delle comunità nella loro integrità.

In secondo luogo, tutti i partecipanti alla conferenza stampa hanno sottolineato come al centro di questa celebrazione sarà “il corpo”, rappresentato nella locandina – disegnata da un noto fumettista – che annuncia l’imminente evento. Per chi non l’avesse visto, il manifesto rappresenta un gruppo di persone “avvinghiate” in quello che sembra adombrare un atto sessuale di gruppo.

Come detto in precedenza, lo scandalo e il moralismo non mi appartengono e sono perfettamente a conoscenza del fatto che, nel mondo dell’arte, numerose opere sono dedicate alla sfera della sessualità. Tuttavia, rimango perplesso sul messaggio veicolato, per cui il corpo sia uno strumento di identità ed emancipazione solo se proiettato nella pratica più naturale ed istintiva conosciuta all’uomo. Sono passati un po’ di anni, ma ricordo bene le battaglie contro la sessualizzazione delle campagne pubblicitarie: in quel frangente l’area femminista e progressista denunciava questa tendenza come svilente, ora sembrano essersi capovolti i fronti. Personalmente, invece, credo che l’emancipazione del corpo passi soprattutto attraverso ciò che un corpo può creare: l’opera d’arte, il gesto atletico, l’atto eroico e coraggioso, la creazione di una vita. Mentre quello che vedo è uno sterile meccanismo per il quale la vita è solo sfogo degli istinti e non il percorso verso qualcosa di più alto e altro.

Ringraziandola per lo spazio che mi ha concesso, le rivolgo i miei più cordiali saluti.

Lorenzo Aiello