Gentile Direttore di AostaNews24,
“una montagna che muore”: così potrebbe essere descritta tutta una zona di Arnad, in particolare quella che si trova a ridosso delle frazioni di Barme e Clos de Barme. Una montagna che sale da una quota di 400 metri sul livello del mare fino a 1200-1300 metri. E nel bosco appaiono, anche all’occhio inesperto di chi sta in basso, delle costruzioni che spiccano tra il verde delle foglie. Non so se chiamarli alpeggi, villaggi o semplicemente gruppi di case, ma hanno nomi che ricordano un passato nemmeno troppo lontano: Palakiù, Tzamp, Monteyas, Colombard, Fornelle, Salé.
Fino ad alcuni decenni fa, durante l’estate, in quella stagione che la tradizione voleva durasse da San Bernardo a San Michele (de Saint Bernard à Saint Mitzì in patois) tutto il versante risuonava dei campanacci delle mucche, il suono brillante dei “Chamonix” che – dicevano i vecchi – teneva compagnia. Non grandi mandrie, solo piccoli gruppi, tre o quattro mucche, quelle che ogni famiglia o quasi del paese teneva in stalla. Un allevamento di nicchia, come di nicchia potevano considerarsi le piccole coltivazioni che circondavano le case. Qualche fagiolo (nelle zone più basse, perché oltre gli 800 metri non crescevano più), piselli, insalata, patate, carote, cavoli… e quella segale così buona per il pane nero. E nella stalla non mancava il maiale, per salumi e per il lardo, all’epoca non ancora diventato famoso, ma cibo umile che – dicevano – rinforzava lo stomaco.
Tempi andati, che i più anziani ricordano, ma oggi da parte di diversi abitanti c’è una richiesta: recuperare quanto è possibile. Ovviamente sono pochi oggi quelli che allevano le mucche, non più di 4 famiglie, con varie decine di animali e la zona in questione non si presterebbe allo scopo. Ma non per questo si vuole abbandonare tutto.
In altre zone del paese, nelle Traverse di Ville ad esempio, il ripopolamento è riuscito, molti proprietari, che si erano trasferiti al piano, hanno ristrutturato le vecchie abitazioni che sfruttano sia nei week end che nella bella stagione. Non solo, ma sono nate anche alcune attività economiche, quali bed and breakfast o un allevamento di suini.
Perché lo stesso non farlo anche nella zona più a nord? La realizzazione di piste tagliafuoco potrebbe aiutare la soluzione, permettendo ad un tempo un maggiore controllo del territorio (e anche una buona prevenzione per gli incendi) e nello stesso tempo agevolando gli accessi alle varie località.
Non basta certo questo a ridare vita a tutta la zona. Ad Arnad ne sono ben coscienti. Ma certo invoglierebbe a riprendere quella piccola coltivazione di prodotti di nicchia che oggi piace tanto. Gli esempi non mancano: uno per tutti, Avieil, un vero e proprio villaggio che era ormai del tutto abbandonato. E’ stato sufficiente fargli arrivare una strada poderale per vederlo rinascere. Oggi tutte le case sono state ristrutturate e i camini sono tornati a fumare. Come una volta. E lo stesso potrebbe accadere anche altrove, perché no?
Anche per rispettare chi all’epoca aveva deciso di costruire le case per sfruttare ogni angolo del territorio, per quella agricoltura difficile dove contendere la terra alla roccia, dimostrando ben più che ottimismo. Per spianare il terreno aveva caricato di terra centinaia di gerle, che poi sulle spalle aveva portato su per centinaia, se non migliaia di metri, un passo dopo l’altro. Erano gli eroi che ormai più nessuno ricorda, bisnonni o trisnonni di quelli che vorrebbero far rivivere quei luoghi, oggi che la tecnologia permette di operare con molta più facilità. Perché deluderli?
Un Ami de Traverse