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Ipocrisia Ventotene: chi oggi “piange” per il manifesto, ieri voleva cancellare le radici cristiane dall’Europa

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di Giuseppe Manuel Cipollone

Oltre alle tante tesi già espresse su tutti i giornali e media, la querelle sul Manifesto di Ventotene ha dimostrato un fatto, di quelli tanto evidenti storicamente quanto difficili da affermare pubblicamente.

Che la Democrazia fosse universalmente riconosciuta miglior forma di governo – o almeno la più tollerabile – come avviene oggi, nel dibattito intellettuale europeo è un’eredità recentissima. Dai tempi di Erodoto al secondo dopoguerra, la questione ha sempre diviso moltissimo i cosiddetti “intellettuali”. Ovvero salvo gli ultimi 70 anni (scarsi) su 3 mila, non vi è mai stata la convergenza attuale su un ideale democratico, ma il pensiero politico era spaccatissimo.

Non deve stupire, quindi, come in testi ritenuti simbolo – precedenti alla grande faglia del ’45 – vi possano essere riferimenti a concetti ben lontani dalla sensibilità liberaldemocratica attuale. Proprio come nel caso del Manifesto di Ventotene.

E se la sinistra pare ben conscia di ciò, gridando in Parlamento a gran voce contro Giorgia Meloni per aver peccato di anacronismo e malizia nell’interpretazione e nella lettura dei propri “testi sacri”, lo stesso beneficio generalmente non lo concede agli autori riferimento della parte avversaria. Qui invece ogni passaggio di dubbia democraticità dimostrerebbe in modo empirico e incontrovertibile il fascismo eterno insito nella destra, “retriva e reazionaria” per essenza.

Insomma gli autori progressisti vanno interpretati, quelli a destra devono invece essere letti – scusate il gioco di parole – alla lettera. Sia chiaro, in questo non c’è nulla di cui stupirsi: c’è tutto lo spazio di chi fino ad oggi – per diversi motivi – ha stravinto una battaglia culturale.

Ma è come se il vento a livello internazionale fosse profondamente e improvvisamente cambiato, il sentire delle classi medie è cambiato, gli antichi simboli oggi non sono più granitici. Non è il caso di elencarne qui i motivi, ma è sempre più chiaro che, in un mondo del tutto post-ideologico, si sta innescando una psicosi profondissima in chi sente (a ragione) i propri simboli a repentaglio. Un vero e proprio ceto culturale, imbroghesitosi nel tempo, che vede in crisi i propri miti incubati nel ’68 e progressivamente imposti dopo la caduta del muro di Berlino.

Coloro che oggi piangono isterici per il peccato di lesa maestà al Manifesto di Ventotene, come nel caso dell’On. Fornaro, ancora una volta incompresi da chiunque non sia colto quanto loro, sono gli stessi che ieri hanno fatto – ed oggi farebbero – delle “crociate” per escludere il riconoscimento delle radici cristiane dall’identità europea.

Ora, cari lettori, soppesate voi quanto il Cristianesimo – in specie quello costantiniano, apostolico e romano (ma non solo) – abbia inciso sulla Storia europea e quanto lo abbia fatto (con tutto il rispetto!) il Manifesto di Ventotene. Ed in questa valutazione vedrete a nudo tutta l’irrazionalita e il dogmatismo di costoro, una Chiesa ben peggiore di ogni altra vista fin’oggi.

Giuseppe Manuel Cipollone

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