Si può fare un gesto di protesta a favore di qualcuno, anche se non si è colpiti dalla stessa contingenza contro cui si protesta? Pare questo il caso di Licia Coppo, pedagogista valdostana che si è unita al gruppo dei digiunatori, che da mesi sta portando avanti una staffetta dello sciopero della fame contro l’applicazione generalizzato del Green pass.
La dott.ssa Coppo è una pedagogista di esperienza, da più di 17 anni lavora con i minori, in ambito del benessere scolastico, della prevenzione dei conflitti fra ragazzi, nella prevenzione del bullismo e nei rapporti socio-affettivi nelle scuole primarie e di secondo grado. Un lavoro, peraltro, fatto di formazione e aggiornamento su questi temi a favore dei docenti, nonché di counseling per ragazzi e famiglie.
AostaNews24 l’ha intervistata per chiederle le ragioni della sua scelta di unirsi a questa forma di attivismo conto l’utilizzo estensivo del Green pass, evitando di assumere cibo per 10 giorni consevutivi.
AN24: Ciao Licia, allora spiegaci un po’ meglio, come mai hai deciso di iniziare la staffetta dello sciopero della fame?
Licia: “Per me questo gesto è stato in primo luogo un atto simbolico. Io infatti non subisco le preclusioni più gravi dovute all’introduzione del Super Green pass, sono regolarmente a lavoro. Ma ho sentito la necessità di fare questo gesto – forte ma pacifico – per sollevare la questione delle discriminazioni che molte altre persone subiscono, compreso i minori con i quali da anni lavoro. Io parlo di questo tema da 7 mesi ma ad un certo punto serviva anche un gesto pratico, dunque mi sono unita a questa staffetta dello sciopero della fame.
Il Green pass a mio avviso è uno strumento politico e non sanitario, con il quale si stanno alimentando delle discriminazioni molto gravi. Io mi focalizzo molto sul danno ai minori, i quali – per paradosso – non possono nemmeno scegliere in modo indipendente se sottoporsi o meno alla vaccinazione per ottenerlo. Il passaporto sanitario si sta abbattendo proprio sui ragazzi dai 12 ai 18 anni in modo particolarmente odioso, creando delle distinzioni fra giovani rilevanti per gravità. I ragazzi vengono puniti per una scelta, seppur legittima, dei genitori: puniti sulla scuola – con un regime di Dad differenziato -, ma anche puniti nei cinema, nei teatri, nei luoghi di cultura, sui mezzi pubblici e più in genere nel loro diritto di avere una socialità in un’età molto delicata. Questo è stato il motivo fondamentale per la mia decisione dipassare dalle parole ai fatti con una azione potente e non violenta“.
AN24: Come hai passato questa esperienza di digiuno? Il fisico ne ha patito?
Licia: “Io ho digiunato per 10 giorni, ma ho fatto una scelta responsabile. Ero seguita durante lo sciopero della fame, attraverso un presidio medico. Nel nostro gruppo dei digiunatori è infatti presente un medico nutrizionista, in modo che durante l’intero percorso vi fosse una stretta sorveglianza sanitaria e non ci fosse il rischio che il gesto diventasse pericoloso per la salute. L’obiettivo per me non era certo diventare una martire, però lanciare un segnale forte sì. Non è un mistero che, digiunando, si conviva con un senso di vuoto quotidiano, non è assolutamente semplice. Per me il digiuno è stato molto formativo, diciamo in termini di lucidità mentale e maggiore consapevolezza dello scopo. Io da sempre sono attiva sul fronte della lotta alle discriminazioni, proprio per questo reputo che non siano tollerabili discriminazioni di serie A e discriminazioni di serie B“.
AN24: Continuerai a portare avanti questa istanza? Se sì, come?
Licia: “Certo che sì, io insieme agli altri del gruppo come Davide Tutino, Carlo Cuppini, Sergio Porta e il prof. Saverio Mauro Tassi. Innanzitutto, la staffetta durerà almeno fino al 31 marzo, ma andrà a oltranza finché non verrà abrogato il Green pass.
Anche a livello personale poi, adesso che ho terminato il mio turno di digiuno, voglio continuare a sensibilizzare le persone su questo tema. Continuerò a contribuire a organizzare le iniziative di sensibilizzazione. Sui social ci sarà un incontro questa sera, domenica 6 marzo, dove ognuno di noi racconterà la propria esperienza ma anche darà le ragioni – rispetto alla propria professione – per le quali il Green pass sta creando delle storture inaccettabili. Io chiaramente mi occuperò del tema dei minori. Nel prossimo futuro proveremo anche a organizzare anche un evento in presenza. Siamo solo all’inizio, non ci fermeremo“.
Giuseppe Manuel Cipollone