La Struttura complessa di Nefrologia, diretta dal dottor Massimo Manes, è impegnata in una campagna di sensibilizzazione sulla donazione di rene da vivente. Il 18 e il 25 maggio, dalle 13:30 alle 16:00 presso l’aula del quarto piano dell’ospedale “Parini” di Aosta si svolgerà un corso specifico destinato a medici, psicologi e infermieri, organizzato dall’Azienda USL.
“Esistono due modalità di trapianto, quello da donatore deceduto e quello da donatore vivente – spiega il dottor Massimo Manes, direttore della SC Nefrologia -. Quest’ultima modalità, in assoluto, è la migliore terapia in termini di risultati a distanza sia per il paziente sia per l’organo trapiantato. Può essere eseguita tra parenti consanguinei che condividono il patrimonio genetico, ma anche tra individui non consanguinei con risultati ugualmente ottimi”.
Durante il secondo incontro formativo saranno proiettati dei brevi video divulgativi realizzati dalla SC Nefrologia, che verranno poi pubblicati sul sito aziendale (www.ausl.vda.it). Nei video i nefrologi del “Parini” introducono gli aspetti peculiari del trapianto da vivente evidenziandone la valenza, mentre un giovane paziente valdostano racconta la propria esperienza di nefropatico con un finale a lieto fine.
“La malattia renale cronica è in incremento a livello mondiale – prosegue Manes – e in alcuni casi può progredire e portare alla perdita irreversibile dell’organo. Le terapie salvavita sono rappresentate dalla dialisi e dal trapianto di rene. Per questi pazienti le attuali evidenze scientifiche indicano nel trapianto la migliore terapia perché consente un ritorno ad una vita normale, svincolata dalla dialisi”.
I dati valdostani
I dati valdostani aggiornati ad aprile 2023 riportano 83 pazienti in dialisi di cui 14 in trattamento domiciliare (dialisi peritoneale). Gli attuali pazienti trapiantati sono 83 di cui storicamente 18 in modalità da vivente. I pazienti in lista attiva di trapianto di rene sono 10 di cui una coppia in valutazione da vivente.
La donazione di rene da vivente ha molteplici vantaggi. “La possibilità di programmare il trapianto prima dell’avvio del trattamento dialitico rappresenta per il paziente il principale vantaggio perché riduce le temibili complicanze cardio-vascolari e infettive proprie della dialisi, consentendo il recupero di una ottima qualità di vita e accorciando i tempi di attesa per il rene che in media sono in Italia di 3 anni – spiega la dott.ssa Valentina Pellù, specialista in Nefrologia al “Parini” -. Anche la possibilità di riuscita del trapianto è molto favorevole, per diversi motivi clinici e biologici e consente migliori risultati rispetto al trapianto da donatore deceduto. La sopravvivenza dell’organo trapiantato può infatti superare i 20 anni contro una durata media per il trapianto da cadavere superiore ai 10 anni. Tutti questa aspetti fanno si che questa opzione terapeutica debba rappresentare un diritto informativo per il paziente e la sua famiglia”.
Non danneggiare il donatore rappresenta il presupposto etico principale. “Attualmente le tecniche operatorie mini invasive e laparoscopiche riducono in maniera significativa le complicanze operatorie e post operatorie che in ogni caso, come per qualsiasi atto chirurgico anche minimo, non sono del tutto assenti – sottolinea il dottor Andrea Molino, specialista in Nefrologia – . Si possono verificare complicanze nello 0.03% dei casi, ovvero in un caso ogni 10 mila prelievi. Una degenza regolare consente la dimissione del paziente dopo 3-4 giorni”.
Il donatore deve essere però essere a conoscenza di alcuni aspetti peculiari. La condizione di mono-rene lo può esporre a dei rischi funzionali nel caso in cui un trauma accidentale possa interessare direttamente il rene, evento possibile, ma non prevedibile. Un altro rischio potenziale è lo sviluppo di un tumore sul rene singolo e questo è il motivo per cui il paziente sarà sottoposto ad un follow-up regolare con ecografia annuali per evidenziare anche le più precoci alterazioni. “La presa in carico del paziente rappresenta per il paziente una sicurezza e un opportuno stimolo a mantenere stili di vita salutari che fanno sì che lo sviluppo a distanza di decenni di patologie croniche non sia di fatto superiore alla popolazione generale – concludono i medici della Struttura -. Analogamente lo sviluppo di una insufficienza renale cronica a distanza di decenni è evento raro che si può verificare nell’1% dei casi. Oggi il paziente può dunque sottoporsi con tranquillità alla donazione con rischi globalmente minimi”.