Sono uscite le motivazioni della sentenza, emessa il 24 gennaio scorso, che ha assolto Marco Sorbara dall’accusa di concorso esterno ad associazione mafiosa e rinviato in appello gli altri 4 imputati, Raso Antonio, Nicola Prettico, Alessandro Giachino e Monica Carcea.
In 33 pagine di motivazioni, la V sezione penale della Cassazione, ha letteralmente fatto a pezzi l’impianto accusatorio dei pm, che pure aveva tenuto – seppur con delle revisioni – a due gradi di giudizio.
Al centro della sentenza di cassazione due elementi fondamentali: da una parte, a più riprese, il collegio dei giudici non ha ritenuto sufficientemente provato dall’accusa il collegamento organico della presunta locale valdostana con la struttura e le famiglie dell’ndragheta calabrese (‘ndrina Nirta -Scalzone), tanto da mettere in dubbio “la configurabilità di una locale di ‘ndragheta in territorio valdostano”.
Mancando questo requisito – per la corte – rimane non adeguatamente dimostrato che la dinamica di tipo associativo che ruotava intorno agli imputati possa essere definita ‘Ndragheta, seppur viene citato in alcuni passaggi il sottofondo di una mentalità che ne mima alcuni caratteri.
A mancare, inoltre, anche la capacità di initimidazione e un programma “chiaramente delittuoso” della presunta locale nei confronti della società “esterna”, altro elemento tipico dell’azione ‘ndraghetista.
Questi gli elementi essenziali con la quale i giudici di cassazione hanno reputato i rilievi emersi negli anni di indagine dei carabinieri e dell’impianto generale dell’accusa non abbastanza provati.