REDAZIONE@AOSTANEWS24.IT

In giunta servono persone intelligenti, non donne in quanto tali

di Redazione

di Redazione

Sarà stata la concomitanza con la Festa della donna, ma da giorni non si parla d’altro che della mancanza del genere femminile in giunta regionale della Valle d’Aosta. A rilanciare il tema Valle d’Aosta Aperta – la federazione di sigle di sinistra nata in occasione delle scorse elezioni politiche – che ha evidenziato come fra tutti gli assessorati, nemmeno uno sia stato assegnato ad una donna.

Fra i tanti argomenti su cui si poteva attaccare il governo Testolin, c’è da dire questo pare il più ideologico di tutti. Nonostante ciò, la gran cassa mediatica che VdA Aperta è riuscita a sortire (davvero chapeau per la capacità di fare agenda setting!) è molto ampia, con tanto di rivendicazioni su una presunta incostituzionalità e commenti di fuoco da personalità ben note, come Laura Boldrini, scomodatesi per l’occasione.

Sulla costituzionalità non credo ci sia altro da aggiungere: a meno che non si dica che oltre 70 anni di istituzioni repubblicane italiane siano state incostituzionali, è difficile sostenere un obbligo legale di avere una donna al governo. Ma è sulla rivendicazione politica che vale la pena aprire una riflessione, perché nella narrazione manca un passaggio.

Il dato di partenza è che nelle elezioni regionali del 2020 sono state elette poche donne, nonostante vi fosse una quantità di donne non trascurabile candidate nelle varie liste. Un complotto patriarcale? I dati sembrerebbero dire di no.

Dei 72.705 aventi diritto che hanno esercitato il voto durante le scorse regionali, 36.835 erano donne e 35.870 erano uomini. Quindi un primo elemento da cui partire è che in Valle d’Aosta ci sono più elettrici che elettori, ovvero le elezioni “chez nous” le decidono più le donne che gli uomini.

Non amiamo le analisi di genere in sociologia e politologia, perché spesso confondono il quadro più di quanto lo riescano a chiarire, ma se proprio dobbiamo scendere sul tema del genere (analogo alla vecchia e superata “classe”) non si può non partire da una costatazione: il genere femminile non è pieno – è strapieno! – di “nemici di classe”, perché le donne tendono a non votare altre donne. Statene certi trovere molti più uomini che hanno votato donne, per i più svariati motivi e pulsioni – comprese quelle meno nobili in linea di principio – di quante donne abbiano votato altre donne. Non solo, sebbene non di molto, le femminucce si sono astenute più dei maschietti, delegando il loro potere di decisione sulla cosa pubblica ad altri.

I correttivi al sistema elettorale: noi fedeli alla linea, diciamo sì

Ed è qui che si innesta il secondo tema: i correttivi ai risultati elettorali liberi e democratici, almeno fino a prova contraria. Siccome scrivo e sono certo che tutto ciò che troverete qui verrà etichettato come frutto della mentalità del “maschio bianco cisgender“, o che altro, lo anticipiamo subito: siamo a favore di tutti gli approcci pedagocici nei confronti degli elettori e delle elettrici che servono. Vogliamo più donne in politica, senza dubbio.

Quindi è necessaria la preferenza di genere? Mettiamo la preferenza di genere. Servono le quote rosa? Mettiamo le quote rosa, non solo in lista ma in Consiglio Valle. Del 20%, del 50%, del 80% o perché no del 100%. Se in questo modo le cose in politica andranno meglio ne saremo tutti felici, se invece andranno come al solito – ovvero male – almeno potremo passare oltre e tornare sul pianeta Terra.

Già perché la donna si è emancipata, viva Iddio, non certo per le quote rosa o alcuni deliri e posizioni militanti femministe. Si è emancipata – fatemi citare Marx – perché il sistema produttivo si è slegato dall’economia di sussistenza, perché i servizi sono diventati più importanti della terra, la tecnologia ha reso meno necessaria la forza fisica per mantere l’economia delle cose. E statene certi che il progresso continuerà in questa direzione, almeno fino all’Armageddon: la direzione in cui le capacità e le attitudini delle donne sono e saranno uguali, se non in certi ambiti superiori, a quelle degli uomini.

Ma all’orizzonte ci sono sfide epocali che riguardano tutti, perché il progresso nasce, cresce e mangia i propri figli da sempre. Come la frontiera aperta dall’impletazione dell’intelligenza artificiale nell’economia, che potrebbe avere un impatto superiore di ciò che fu la macchina a vapore nella Rivoluzione industriale. E sarà davvero interessante capire dove impatterà di più, sui lavori di “struttura” o nei servizi.

Computer che ragionano come esseri umani, con una conoscenza e una potenza mentale infinita, faranno perdere più posti di lavoro nell’edilizia, nel mantenimento delle infrastrutture, nell’industria pesante, nella tecnica – a prevalenza nettamente maschile – o nei servizi alla persona, nella contabiltà, negli uffici amministrativi, nei call center, nell’assistenza all’utente? Chissà, spero di sbagliare nel dire che, sebbene colpirà tutti, il rischio è che i settori di impiego dove le donne sono già numerose, se non la maggioranza, verranno penalizzati anche più di altri.

Il treno è appena partito, presto sarà in corsa dritto per sbatterci in faccia, mentre noi occupiamo il dibattito pubblico su quante donne si trovino in giunta. E le avremo le donne in giunta, con o senza correttivi, una manciata di privilegiate – esattamente come gli uomini – in mezzo a migliaia di donne che perderanno la propria indipendenza economica. Casalinghe di ritorno, a forza, con la differenza che adesso ci sarà Alexa e le case domotiche. Concorrenza sleale anche lì, nel focolare domestico.

Forse è il momento di cambiare registro tutti, intuire il momento storico e auspicare che in giunta vadano persone intelligenti, anche e soprattutto donne. Ma in quanto persone intelligenti e non donne in quanto tali. E statene certi, in caso, noi saremo lì ad applaudirle.

Giuseppe Manuel Cipollone