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Gioca al lotto quasi 400.000 euro nella propria tabaccheria ma non li versa – Condannato dalla Corte dei Conti

di Redazione

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In appena due settimane ha scommesso al Lotto quasi 400.000 euro nella propria tabaccheria di Aosta, senza però provvedere al pagamento delle giocate. La sezione giurisdizionale della Corte dei conti della Valle d’Aosta ha condannato il titolare della ricevitoria a risarcire 397.079 euro, più interessi, all’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

I fatti risalgono al gennaio 2019, quando l’uomo “ha indebitamente registrato le proprie giocate, nella speranza di una vincita, senza provvedere al relativo pagamento, così sottraendo una parte del compenso all’Erario”, scrivono i giudici nella sentenza. Accolta la richiesta di condanna del procuratore regionale Massimiliano Atelli, che ha richiamato, tra l’altro, la giurisprudenza in tema di “responsabilità dell’agente contabile e di esclusione di qualunque valore assolutorio delle ludopatie”.

Da un lato la difesa ha sostenuto, si legge nella sentenza, che si sia trattato di “soldi puramente virtuali” in quanto le giocate erano dello stesso titolare della ricevitoria: una prospettazione, scrivono i giudici, “chiaramente destituita di qualunque fondamento”, dato che giocatore e ricevitore sono figure “chiaramente distinte”. Dall’altro ha puntato sull’incapacità di intendere e di volere del tabaccaio. Ma il fatto che si sia rivolto a uno specialista privato “per certificare uno stato patologico” subito dopo aver ricevuto, nel gennaio 2019, dall’Agenzia delle Dogane la sospensione della concessione e l’intimazione di pagamento, “solleva rilevanti dubbi sull’attendibilità della patologia lamentata, specie in presenza di patologie psichiche difficilmente diagnosticabili in termini oggettivi ma solo sulla base del riferito dal paziente”.

L’uomo ha poi partecipato a un percorso terapeutico dell’Usl, il cui Servizio per le dipendenze, un anno dopo, “pur riconoscendo un disturbo da gioco d’azzardo in forma grave e persistente, non evidenzia alcuna compromissione delle facoltà intellettive del convenuto, né nella capacità di intendere”. Compromissione che invece deduce una perizia privata, ritenuta però non sufficiente dai giudici.