E’ caso sui consultori valdostani, dopo che il ‘Centro donne contro la violenza’ ha diramato una nota stampa in cui si denunciano presunte pressioni da parte di “volontari” affinché le donne desistano dall’intento di abortire.
Nella nota si legge: “sono pervenute al Centro donne contro la violenza di Aosta segnalazioni di donne che, giunte in presidi sanitari pubblici del territorio regionale per accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, sono state negli stessi luoghi sottoposte a indebite interferenze e pressioni da parte di volontari, consistenti nell’imporre l’ascolto del battito fetale o nella promessa di sostegni economici o beni di consumo, con il preciso intento di dissuaderle dalla scelta di abortire (…)”.
Impossibile poi che il presunto caso non finisse sulle note stampa di diverse associazioni nazionali, come il Telefono Rosa. La Presidente Rosa Maria Gabriella Carnieri Moscatelli ha definito – per Ansa – i fatti come una “pressione psicologica abominevole”. La stessa Presidente, però, ha evidenziato che “nessuna donna, al momento, ha denunciato al Telefono Rosa quanto successo ad Aosta”.
La denuncia a mezzo stampa del Centro donne contro la violenza non pare del tutto circostanziata: se infatti non divulgare dati o elementi circa le donne che avrebbero subito le pressioni è ben compresibile, nel comunicato nulla viene evidenziato neanche su chi tali interferenze le avrebbe commesse, limitandosi a citare dei generici “volontari”.
Ma chi sarebbero questi volontari? Difficile dirlo, per ora non siamo ancora riusciti a metterci in contatto telefonico con l’associazione che ha denunciato le pressioni. Chi ci ha risposto invece è una referente del ‘Movimento per la Vita’ che, contattata telefonicamente da AostaNews24, ci conferma: “noi non siamo nei consultori valdostani, quand’anche ci fossimo non siamo favorevoli a pratiche quali l’ascolto del battito, nel modo più assoluto”.
USL smentisce: “non risultano volontari o associazioni provita attivi nei consultori”
Circostanza confermata anche da una nota dell’USL valdostana che evidenzia di non aver ricevuto alcuna segnalazione su queste pressioni: “con riferimento agli articoli apparsi in merito alla presenza di volontari provita nei consultori sul territorio valdostano, a seguito di un comunicato stampa diffuso dal Centro Donne contro la Violenza di Aosta, associazione che gestisce il Centro Anti Violenza di Aosta, l’Ausl dichiara che non risultano volontari di associazioni provita nei consultori o in ospedale e che nessuna segnalazione in tal senso è arrivata all’Azienda né da parte di cittadini né da parte di associazioni”.
Non solo, l’assessorato fa sapere che ai propri uffici “nessuna segnalazione in merito è pervenuta” nemmeno “dall’Associazione che gestisce il Centro Anti Violenza (C.A.V)”, che invece pare si sia preoccupata prima di sollevare un caso mediatico.
Vale la pena ricordare, inoltre, che la Valle d’Aosta è una regione in cui non è presente, fra il personale medico delle strutture sanitarie, alcun obiettore di coscienza. L’Azienda sanitaria esorta, infine, i cittadini e cittadine, nonché le associazioni, a segnalare “in modo circostanziato eventuali episodi anomali” in modo da poter permettere verifiche puntuali approfondite ed efficaci a tutela di tutti.
Le ispezioni del Centro donne
Il Centro donne annuncia nella nota anche una sorta di autonoma attività ispettiva che verrà svolta nelle prossime settimane: “Donne in rete contro la violenza, avvierà pertanto azioni di monitoraggio della corretta applicazione della legge 194/1978 nel territorio regionale – si legge –, nonché azioni di sensibilizzazione e resistenza, sostenendo le donne e valutando con esse, qualora ne ricorrano le condizioni e nel rispetto della loro volontà, ogni iniziativa utile a tutela delle stesse”.
Dal contenuto del comunicato, peraltro, traspare anche un certo livore politico. Si legge infatti: “il Centro donne condivide, infatti, le preoccupazioni da più parti espresse per la scelta del Governo (Meloni) di prevedere, con un emendamento alla legge 194, la possibilità per i consultori, presidi pubblici di accoglienza e tutela della salute della donna, di concordare la presenza delle c.d. associazioni pro-vita, non solo a supporto dei percorsi di maternità difficile dopo la nascita, ma anche nella delicatissima fase di maturazione della decisione di interrompere, o meno, la gravidanza”.
Difficile quindi stabilire con sicurezza a quali episodi l’associazione faccia riferimento, né chi sarebbero questi volontari, né quali attività ispettive l’associazione potrebbe verosimilmente compiere sorpassando autonomamente l’Azienda sanitaria che al momento è ignara di quanto accaduto.
Giuseppe Manuel Cipollone